Enid Grace Kingstone non esiste e così la sua famiglia.
Tutto quello che viene riportato su queste pagine virtuali, quindi, non è realmente successo.
È frutto della fantasia di un gruppo di players che si divertono.
Dove?
Qui

venerdì 27 maggio 2016

After a Storm


Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite. Io non sono d’accordo. Le ferite rimangono. Col tempo, la mente, per proteggere se stessa, le cicatrizza, e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai.

Dal 22.05.2016 al 27.05.2016


Sms di Enid a Bastian
Ciao Bastian. Sono Enid. Ho il tuo numero, perché abbiamo i recapiti di tutti gli alleati in caso di emergenza. Siamo tornati a casa. So che non l'hai domandato. Mi spiace sinceramente per come si è inasprita una situazione assurda. Ho sussultato perché Wilfred era delirante dal mattino, ho pianto perché i Fantasmi mi hanno fatto un regalo importante. Non dire che non te ne frega nulla.
Non sono Wilfred e non parlo a suo nome, parlo per me: io non ti ho in antipatia, non ti odio, non mi fai paura. Io speravo seriamente di avvicinarmi a te, mesi fa e non ho mai accantonato l'idea, perché ero sicura di potercela fare, mi riferisco a me.
Wilfred è stato molto duro, ha sbagliato ad agire con te e lo posso comprendere da sola, anche se credimi, lo amo moltissimo. Ti ha aggredito, senza alcun motivo ma non posso scusarmi per lui, so che comprenderà che non sei stato tu a farmi del male, allora, si calmerà.
Non so come tu possa vedermi, ora. Io sono amica di Samuel, gli voglio bene e mi manca. Sto bene con John, però Samuel mi raccontava tante cose sul passato, mi aveva detto che avrei imparato a lavorare il legno da lui, perché gli avevo parlato di una cosa. Io posso parlare tanto ma non di cose mie.
Non so manco se leggi, se risponderai duramente (probabile), sbarrando la porta del tutto o meno. Io non so, non posso e non voglio immaginare cosa ti abbiano fatto, ma quando Wilfred parla di me, si riferisce a qualche anno fa, ad una specie di rituale d'iniziazione in una Confraternita femminile, in cui arrivai ignara con la complicità di un ragazzo. È rimasta solo una cicatrice da ustione sulla schiena, alla fine, dicono non sia orribile. Non hanno provato a uccidermi, non mi ha violentata un cavallo. Saranno solo scherzi di pessimo gusto, piccole ingiustizie, non lo so. Io so che mi hanno fatto male e sì, da quel momento ho sempre paura, sempre e ovunque mi trovi. Marlene può confermarlo.
È una questione mia. Non c'entri. Non c'entra Wilfred e nessuno. È una cosa mia.
Lo scrivo, perché tanto a parole non saprei dirlo e forse non stai leggendo e non cerco la pena, non cerco la mano tesa perché ho avuto sfortuna. È solo perché che in qualche maniera, Wilfred voleva dirti che era spiaciuta fossi stata rifiutata, una volta tanto che facevo un passo avanti io e che se è così protettivo, è perché non ci è riuscito in quel momento.
Ora, non cambia nulla. La porta è chiusa, non so se ci disprezzi o meno, so che non lo meritiamo, come non meriti disprezzo tu. Cerchiamo tutti di fare la cosa giusta.
Wilfred si infiamma, poi si placa. Non pensare che sia vendicativo, anche perché avrebbe agito prima.
Io sono spiaciuta, tanto che scrivo nel buio. Non doveva andare così. E ho paura che non capirai e così lo scrivo chiaro: scrivo solo per scusami, sinceramente per ogni cosa sbagliata e per dirti che ti stimo, perché hai una lotta senza tregua, perché io lascio uno spiraglio aperto e forse un giorno, la rabbia passerà e potrò conoscerti.
È tutto qui. È troppo o troppo poco. Non mi illudo abbia qualche effetto.
Enid. 

Messaggio vocale di WhatsApp da Bastian a Enid
«Non sei la sola a dispiacersi di questa situazione Enid, perché, da qualsiasi parte io la guardi, non riesco a capire come siamo arrivati a questo punto. So di avere un brutto modo di pormi verso il prossimo, e con te, ho sbagliato. Avrei dovuto spiegare in maniera gentile, avrei dovuto dirti che sì, mi chiamo davvero Sebastian, ma che non amo il mio nome, invece di chiudermi a riccio. Ho sbagliato, e all’epoca non ero completamente conscio della mia natura. Non sapevo che un mio semplice sguardo innervosito può sembrare quello di un predatore che ha puntato una preda, me l’hanno fatto notare dopo che sono stato uno sciocco, e mi sono sentito un vero stronzo. Non è la prima volta, purtroppo, che mi accade. Se conosci Vanessa Barrows, ti dirà che, una volta, ho minacciato di spezzarle il collo tanto ero agitato e avevo paura che si facesse ammazzare. Un controsenso bello e buono, vero?»  ride sommessamente. «Ora che mi hai raccontato la ragione della tua ritrosia, capisco la motivazione di Wilfred. Per troppo amore si sbaglia e lui, nella foga di proteggerti, è uscito fuori dal seminato. Ho amato anche io qualcuno così tanto da volerlo preservare dai mali del mondo e, mettendomi nei suoi panni, forse anche io avrei reagito allo stesso modo. Quello che non accetto però è che, da un mio semplice sguardo, abbia tirato fuori un analisi sulla mia persona. Che abbia deciso che sono cattivo e che mi piace così. Se mi avesse dato un pugno, se mi avesse insultato dandomi dello stronzo, non sarei andato così in difensiva. Mi ha parlato come se mi conoscesse, come se fosse certo che sono un bastardo, e mi ha fatto male.» Tace per qualche istante, prende un bel respiro. «E anche se posso sembrarlo, non sono fatto di ghiaccio. Sono una persona anche io, non sono un mostro. Sono un uomo, non un animale che può essere tranquillamente abbattuto se non si fa addomesticare facilmente. Se lui vuole pensarla così, va bene, non si può piacere a tutti, ma sappia che è solo una sua idea, che non rispecchia la verità e che non può sbandierarla come verità assoluta su Sebastian McCoy. 
Io sono solo una persona che cerca di essere sé stessa, nonostante ci sia una parte di lei che , ogni giorno, la spinge alla violenza e al sangue. Io sono io, nonostante tutto e se io non lo conosco, lui non conosce me, non conosce il mio vissuto, e non ha diritto di parlarmi così, o di minacciarmi di mandarmi Raissa a casa, solo perché ormai è convinto che io sia un mostro tenuto ad un guinzaglio troppo sottile. 
Non me lo merito. 
Non ho nulla contro di te, non avrei davvero motivi per odiarti. Ero arrabbiato, anzi, furibondo, stanotte ci sarà luna piena, e se di solito sono nervoso al dieci percento, quando siamo vicini alla luna piena, il mio quoziente di suscettibilità sale al novanta per cento. Ero spaventato, per un secondo ho desiderato azzannare Wilfred, e quando mi succede, quando sento il mostro parlare, vado in panico e cerco di mettere spazio fra me e la persona che mi ha scatenato l’istinto predatorio. Mi dispiace di averti trattato male di rimbalzo, dico sul serio. Alla fine, tu non c’entravi nulla. 
Se vuoi posso insegnarti io a lavorare il legno, fu Samuel ad insegnarmi quell’anno che passai con lui, mi farebbe piacere avere compagnia in laboratorio, sono sempre solo visto che ad Adèle serve la luce per ricamare. 
Provo a dormire, ne avrò bisogno, cerca di fare altrettanto.»

Sms di Enid a Bastian
Avrei voluto lasciare un messaggio vocale, ma c'erano rumori di fondo. Ho aspettato fosse passata la luna piena, ma pare che gli animi siano ancora un po' tesi, né è una colpa per la Suprema o per l'Arcano.
Ripeto: io non voglio, non posso esprimermi per Wilfred, non sono il suo scudo, non sono il suo avvocato della difesa, però lo conosco da anni e so che non è una cattiva persona, so che non è così facile ai pregiudizi. Wilfred è stato sgradevole, sono mesi che lo è per una sciocchezza, io non l'ho giustificato, inizia a rendersi conto di aver commesso un errore, sa perfettamente che quella sera si è fatto sommergere dalla debolezza emotiva, che manifesta spesso dopo questi episodi, era molto provato anche a livello fisico, non poteva riposare, cercava informazioni e in un groviglio di emozioni, ha reagito. Non sono qui a dargli una giustificazione, spiego ciò che è accaduto.
Ho notato da sola che Wilfred è cambiato, era un uomo mite, riflessivo, sino ad un anno fa. La verità è stata dura d'accettare, una valanga di rivelazioni su di un passato da costruire ex novo. Suo nonno, il suo eroe, il suo esempio, era stato ucciso per salvarlo, suo fratello era stato vessato e ucciso da Awentia, non aveva alcuna colpa, solo il potenziale per diventare uno Stregone importante a Londra. Adesso, lo intravede come Spettro accompagnare la madre, che sopravvive unicamente per lui.
In sé, ha cercato la forza di perdonare Awentia, come a mostrarle che la pietà esiste, lei l'ha umiliato. È stato sulla Jezabel, quando trasportava schiavi, ha dato aiuto a Nyarai, mentre era incatenata, ha ritrovato una donna avvelenata dall'odio. 
La sua bontà non è svanita, però ha assunto una sfumatura più severa, meno propensa a concedere senza chiedere nulla, come la roccia erosa dall'acqua.
Non lo giustifica neppure questo, lo so. Lo amo da anni, quando ancora mi considerava una ragazzina fantasiosa, quando ancora non avevo chiaro cosa volesse dire amare, eppure lo amavo, ed anche io ero diversa.
Io so che sei una brava persona, perché non lo fossi avresti compiuto diverse azioni, non la scorsa sera ma assai prima, so che hai un forte controllo su te stesso e che non faresti del male a me, a Wilfred, a nessun Osservatore o alleato. So che ci proteggeresti, molto meglio di quanto abbia tentato di fare io, comunque, odio le armi e finora neanche Raissa è riuscita a mettermi in mano qualcosa di mortale per il prossimo.
Sì, abbiamo dei nemici. Sì, vanno annientati, ma l'arma più sicura, nella mano più giusta può sbagliare e troncare una vita innocente. Dovrò cedere, ne sono consapevole, finirò armata come una di 'Assassin's Creed', non lo nego ma non oggi.
Cerco di essere coerente, di non scendere a compromessi con facilità, scordando cosa mi motiva veramente a scegliere un comportamento, piuttosto che un altro.
Quanto ti conobbi, pensai a torto oppure a ragione, che forse la vita avesse attaccato anche te. Non saprei dir come, perché, quando e non ho certo la presunzione di valutare il vissuto altrui, né di paragonarlo al mio, avevo solo questa strana sensazione e l'ho avuta con Marlene, con Danica, non l'ho avuta con Nathaniel, sebbene siano tre amici per cui darei l'anima e la vita. Credetti che dirlo in maniera sincera fosse di qualche aiuto, credetti potesse produrre qualche effetto, sbagliai io.
Volevo scusarmi per essere stata invadente, non lo desideravo ma non importa. Da bambina, ho imparato i rudimenti dal nonno e sono trascorsi anni; sarei felice di averti come maestro. Fammi sapere quando e se puoi. Ho un progetto in mente, ma te ne parlerò in seguito, lo spiegai a Samuel, lui aveva detto che mi avrebbe insegnato, se non l'avessi chiesto a te. Alla fine, sono riuscita a chiederlo a te.



Messaggio vocale di WhatsApp da Bastian a Enid
La voce di Bastian risulta assonnata, di tanto in tanto, s’interrompe per sbadigliare.
«Dovresti dormire un po’ di più, sai Enid?» inizia in tono scherzoso. «Sono certo che tutto quello che Wilfred ha vissuto nell’ultimo anno avrebbe reso più aggressivo nei confronti della vita un uomo ben più mite di lui, e di certo, io sono l’ultima persona che può dare lezioni su come si affronta un dolore. Ognuno reagisce come può alla sofferenza, trova un modo per proteggersi, e va avanti; Wilfred ha scelto questo, e se sta bene a lui, né io, né tu, e nessun altro al mondo ha il diritto di sindacare la sua scelta.
Se fossi una persona un po’ più matura passerei oltre già da ora. Prenderei atto di ciò che mi hai detto, e archivierei quello che è accaduto in un angolo della mia memoria, e un giorno lo farò. Ora come ora, purtroppo, non riesco. Tutto quello che posso fare è comprendere le sue motivazioni e non giudicarlo per come mi ha fatto sentire. Non dirò, quindi, che è una persona cattiva. Non lo aggredirò se dovessi incontrarlo. Mi hai fatto comprendere le sue ragioni, ma io ho le mie, che sono valide quanto le sue. Posso solo tenere la porta socchiusa per il futuro, quando saremo entrambi pronti per venirci incontro in maniera più civile e onesta.
Ho avuto una bella vita, infondo, anche se è iniziata in maniera piuttosto traumatica. Mia madre è una di quelle donne inadatte al ruolo di moglie e madre eppure decise di mettere su famiglia. Ebbe una relazione extraconiugale, e da quella, temette di essere rimasta incinta. Era una donna instabile, così pensò di eliminare il problema, non abortendo, ma uccidendo Adèle quando aveva circa sette mesi. Non ti sto a raccontare tutte le dinamiche di quella notte, sappi solo che io ho passato sei ore steso nel mio sangue mentre mia madre sussurrava il mio nome e cercava di convincermi di uscire. È da quel giorno che, sentirmi chiamare Sebastian mi dà i brividi, ma mi sto abituando di nuovo. Sarà dura, ma alla fine, è il mio nome e non vedo perché dovrei perderlo per colpa sua.
Siamo entrambi piuttosto imbranati nell’ approcciarci al prossimo, ma non è così male, alla fine è un modo come un altro per fare una scrematura. Se una persona resta anche se si trova davanti un impedito, allora vale la pene frequentarla. «ride per un momento. «Io per lo meno la penso così. Facciamo una bella cosa, smettiamola di scusarci uno con l’altro e andiamo avanti? Iniziamo a sembrare ridicolo, a me dispiace, a te dispiace, prendiamone atto e andiamo avanti. Va bene, ti possono insegnare io a lavorare il legno, non c’è problema. Lo sai dov’è il mio negozio, ti basta entrare.
Ora vado, a presto.»

Se conoscessimo i segreti gli uni degli altri, che sollievo proveremmo!

sabato 12 dicembre 2015

Crazy In Love

How I’m feeling and my pride is the one to blame
Yeah, cause I know I don’t understand 

Just how your love can do what no on else can.

Wilfred George Mott non ha badato a spese, visto e considerato che l'area ristoro della pista di pattinaggio è stata noleggiata ed addobbata per l'evento: spostati tavolini, sedie, poltroncine, ha provveduto a far stendere un morbido tappeto dagli arabeschi rossi, dorati su campo blu al centro della sala, dove troneggia un tavolo in legno massiccio con i seggi medievali forniti da Nathaniel. L'ambiente è rischiarato dalle candele, sono sparse ovunque anche sulle mensole, sul tavolo, sul pavimento, alcune sono appese al soffitto con ghirlande bianche, come fossero cristalli di neve avvolti da una singola fiamma. Wilfred non è stato solo: Nasir Singh ha convinto i proprietari della pista di pattinaggio, ha trovato il tappetto, un buffet adeguato, ha aiutato l'Osservatore ad indossare l'armatura, partendo da una camiciola di cotone, una giacca blu con ricami dorati inclusi guanti in pellame (ecologico), brache della medesima tinta ma in velluto e stivali robusti sino al ginocchio, quindi è stata la volta dell'elmo, della gorgiera, delle placche frontali in metallo ornate con decorazioni in oro. Wilfred sta aspettando, non è un abbigliamento comodo, specie restando in piedi, fissando il mondo dalle feritoie concesse dal pesante copricapo. Il dubbio che Enid sia scivolata fuori dall'auto in corsa di Hanae, comincia a sorgere.

Enid raggiunta a casa da Hanae, Teresa e Vanessa, sorridenti e liete di recapitarle una scatola chiusa con un semplicissimo biglietto, ha subito creduto a qualche emergenza in corso ma non è stato così: le tre donne hanno avuto l’arduo compito di renderla una perfetta damigella, acconciandole i capelli in morbidi boccoli, sistemando una coroncina d’oro fra le ciocche castane dai caldi riflessi color miele, truccandole appena l’incarnato diafano, illuminato dai grandi occhi verdi e infilandole un abito di velluto color Borgogna, la cui ampia scollatura era impreziosita dalla collana regalatale da Wilfred, le maniche a falda larga hanno messo a dura prova la pazienza di Enid, così come i laccetti del corsetto stretti sino a darle una postura da principessa, ritta come un fuso; il vestito è semplice,  scivola ad accarezzarne le forme, senza fronzoli, ha inserti ornamentali sugli orli e sono in blu e dorati, come per gli abiti di lui ma questo Enid è lungi dal saperlo, le scarpette erano semplici ballerine, coperte da due sottogonne, la mantella con cappuccio comoda, morbida e calda. È uscita di casa curiosa, emozionata, incapace di formulare ipotesi. Hanae ha parcheggiato l’auto fuori dalla pista di pattinaggio, l’ha istruita sul passaggio da utilizzare, le ha pure augurato buona fortuna. Salire i gradini con la gonna sollevata, in una semioscurità romantica l’ha distratta, ha pensato di lasciarci le penne con due scivoloni, ma è arrivata incolume, in ritardo. Abbozza un sorriso imbarazzato, intravede Wilfred che però è totalmente coperto dall’elmo, che non ha avuto la grazia di notare nei giorni precedenti. Sa che è lui. Deve essere lui. Vuole che sia lui e ha paura che qualcosa rovini l’atmosfera, li faccia sprofondare nel terrore o nella violenza di Sunnydale, oppure che sia uno scherzo, che sia un’ultima sera da concedere a una ragazza troppo fantasiosa, una notte da favola per dirsi addio. Ha paura e spera. Osa pochi passi, il cuore in gola, il viso serio. 
Wilfred ha movimenti poco fluidi, ma non ha mai avuto addosso tanta stoffa e tanto metallo come in quel momento, piega le braccia, le solleva per sfilarsi l'elmo con grazia, ma potrebbe anche sembrare Terminator. Vista l'amata, mostra il suo volto: i riccioli castani sono scarmigliati, ha provveduto a rasarsi con cura, gli occhi sono di un azzurro scuro, cupo come il cielo invernale, la bocca distesa in un sorriso. «Ho fatto un sogno.» esordisce, la voce profonda rimane bassa, il tono usato è pacato, scandisce ogni sillaba, senza che paia una filastrocca imparata a memoria: «Era simile a questa sera: c'eri tu, venivi verso di me nella notte. Pensavo a quanto fossi bella, a come fosse impossibile distogliere lo sguardo dai tuoi occhi. Non avevo parole, restavo disarmato innanzi a te.» prende fiato, sente le gambe rigide ma un passo alla volta, arriva sino a fronteggiarla, elmo alla mano: «Tutto è simile a quel sogno, soltanto che tu sei ancora più bella, perché reale e io non so cosa dire o cosa offrirti.» prende una pausa, la mano affonda nei capelli: «Volevo offrirti qualcosa di speciale, so quanto ami gli abiti storici, so quanto ami queste atmosfere rarefatte e desideravo che ti sentissi a tuo, anche qui. Abbiamo vissuto giorni tristi, giorni di lutto e non è questo che avrai da me, io vorrei donarti i viaggi che progetti, vorrei essere accanto a te mentre scopri che la vita ha in serbo per te felicità, soddisfazione e bellezza. Lo vorrei, perché mi sono accorto di non desiderare altro che saperti con me, che sapermi con te.» aumenta impercettibilmente il volume e la velocità del discorso: «Tu sei la mia famiglia.» calca l'accento sui termini: «Tu sei il mio coraggio e sei la mia forza. Non so quante volte sia riuscito ad esprimermi, non so essere affettuoso, non credo sia necessario sbandierare i sentimenti, però ciò che dico è vero.» cerca di guardarla, di restare qualche secondo a studiarla intensamente: «Mi credi?» è una domanda posta con una certa fermezza, perché va a toccare tasti delicati e profondi della personalità di Enid. Enid lascia andare la gonna, il fruscio della stoffa resta l’unico rumore per qualche secondo, sotto all’elmo c’è Wilfred e non può che ammirarne l’oggettiva bellezza, le ricorda un dipinto nei lineamenti volitivi eppure aggraziati, nella bocca che si piega in un sorriso a cui è impossibile non rispondere. È come vivere in una fantasia lontana, partorita anni fa mentre sedeva al pub dei Kingstone e Wilfred era un ragazzo colto, affascinante, spiritoso ma mai volgare, educato nella sua disinvolta simpatia. Era fuori dalla sua portata, perché Enid era timida, scura, capace di librarsi soltanto nei racconti chiusi nella testa, in grado di modulare la voce per raccontare imprese eroiche, salvo poi sprofondare nel silenzio tornando al quotidiano. Affondava in maglioni larghi il suo corpo snello, chinava il viso per non lasciar scrutare a nessuno il suo imbarazzo. Ha le mani sepolte nelle maniche, non sa come congiungerle al grembo, come farebbe Arwen, né vuole lasciare le braccia lungo i fianchi, spioventi come rami fradici. Si morde la lingua. Lui parla, una melodia calda, scivola sino alla sua anima, la commuove, la ristora, la rassicura, la culla e dona coraggio, quel lieve disagio che balena negli occhi di Wilfred, la fa traboccare di tenerezza, lo slancio effettivo è smorzato dalla logica, ma darebbe qualsiasi cosa per abbracciarlo e per baciarlo sino a farsi mancare il respiro. Può credere che quell’uomo straordinario nei suoi pregi, nei suoi difetti, sia innamorato di lei? Può fidarsi delle sue frasi appassionate e delle notti trascorse insieme? È capace di avere fede in lui, nelle sue promesse, nei suoi sentimenti, anche se il peso che la opprime non è svanito? Muove la mano sinistra, la manica scivola, lasciando le dita libere. Reggere il suo sguardo è difficile, anche quando vi legge amore, rispetto, passione e un abbandono totale alla sua volontà, come fosse soltanto un bimbo. «Ti credo. Credo a ciò che dici, credo ai tuoi silenzi, credo ai tuoi gesti. Potrei smettere di credere nella bontà degli Angeli, ma non potrei mai smettere di credere in te.» afferma ricambiando lo sguardo, disarmata a sua volta, affidandosi a lui ciecamente, simili parole in bocca alla protetta di Azrael, rivolte al protetto di Umabel, entrambi custodi del gatto reso parlante da Gabriele e a pochi giorni dal prodigioso salvataggio avvenuto per opera di Raffaele hanno un peso specifico, sono cariche di amore, certo, ma anche di stima per un uomo che ha sopportato tanta sofferenza, senza inasprire il cuore.
Wilfred rimane con la testa inclinata, sorride a tratti e poi torna serio, alla fine sono le ultime resistenze a sciogliersi come neve al sole, potrebbe stringerla a sé e procrastinare qualsiasi altro discorso. Appoggia l'elmo sulla tavola, deglutisce, la scatolina nella tasca pare avere il peso di una cassapanca. Ha quasi la sensazione che rovinerebbe la beatitudine del frangente; tenta di prenderle la mano racchiudendola nelle proprie, avvolte nei guanti, portandosela alle labbra. Baci lievi, un contatto fisico gentile più che dettato dalla passione. Scosta il viso per radunare le idee, deve fare appello alla sua parte razionale, sente i muscoli tesi sino allo spasmo. È uno dei giorni più importanti della sua esistenza, vorrebbe essere rilassato, sereno e gli è impossibile essere calmo. È un piccolo prodigio che non tremi. «Enid.» pronuncia il suo nome con dolcezza, pare volerlo trattenere in bocca, come fosse troppo prezioso per lasciarlo scivolare nell'aria. «Non riesco a immaginare il mio futuro, lontano da te. Non riesco a pensare di svegliarmi, senza che tu sia al mio fianco.» introduce con cautela, non vuole rischiare la fuga della principessa: <Sei giovane, non abbiamo condiviso che qualche mese, comprenderei qualunque tua risposta.> necessaria parentesi, può buttargli dietro l'anello, l'elmo e il seggio, capirebbe e l'amerebbe con trasporto ugualmente. Piega il ginocchio sinistro, poggiandolo sul tappeto, prende la scatolina di velluto cobalto e la tiene nella mano destra: «Mi hai reso un uomo migliore.» prosegue, fa scattare l'apertura per mostrarle l'interno; un anello in platino la cui parte superiore è istoriata con un nodo celtico e sul quale è incastonato uno zaffiro blu, luminoso ed intenso ma c'è anche un diamantino posto più in basso, fra altri brillanti a dare maggiore risalto al colore della pietra: «Non ho mai amato qualcuno al pari di te. Hai il mio cuore, hai ogni pensiero della mia mente, ogni tumulto dell'anima.» solleva il braccio, serio e con voce bassa mormora: «Domani o fra un anno, fra un mese o fra quindici giorni, non importa, quando lo vorrai e quando sarai pronta.» altra pausa di calcolata tensione nervosa. «Enid Grace Kingstone, vorresti diventare mia moglie?» domanda, la voce si alza, sembra riempia ogni spazio della stanza. Ed aspetta, schiena dritta, braccio teso e sguardo trepidante. Enid prova a sfiorargli i capelli, mentre è chinato con una dolcezza in grado di velarle lo sguardo di lacrime, che però non scendono sulle guance. «Ti amo, prima ancora di conoscere me stessa e di sapere cosa fossi in grado di fare, io ero certa dell’amore per te.» risponde in un sussurro: «Era la verità, il perno che dava equilibrio alle giornate. Sapevo cosa amavo di te. Sapevo perché ero innamorata di te e attraverso questo, ho scoperto me stessa»  ricaccia indietro le lacrime, finiscono in gola. «Non da pochi mesi, bensì da anni.» deglutisce: «Sei la mia costante.» sorride, ritrae il braccio. Non sa quantificare la sorpresa, lo stupore che gonfia il cuore, lo vede inginocchiarsi e lo sente, guarda l’anello e non è sicura di averlo intuito, prima. Lei che lo aspetta da quando è una ragazza, che praticamente lo insegue da quando utilizzava il girello è comunque spiazzata. Vuole essere sua moglie, lo ha sognato, ha fantasticato tanto su qualcosa che è diventato vivido, reale come la visione di Wilfred ai suoi piedi. «Io sono tua moglie.» è la replica, un soffio delicato dopo la sua decisione e non tentenna, soltanto si muove con cautela, senza fretta anche quando pare ovvio il suo ottimismo. Vuole essere sincera, vuole essere capita e non lascia che il silenzio comunichi per lei. «Io sono tua moglie e tale mi sento. Sei la mia famiglia, da prima ancora che iniziassimo una relazione, da quanto eravamo amici. Desideravo il tuo amore, la tua fiducia, la tua felicità e per averli, avrei dato qualsiasi cosa. Sei il mio respiro, sei il battito del cuore.» allunga la mano, perché vi infili l’anello: «Mi fai sentire libera, hai come sollevato una benda dai miei occhi ed io vedo un orizzonte che ignoravo. Mi fai sentire al sicuro, posso aprire il cuore ad altre amicizie, come non era stato in passato.» ispira ed espira: «Sei la mia casa. Il mio posto è ovunque ti troverai. Sei il mio futuro, perché l’ho deciso e non voglio sia diversamente.» sorride convinta, raggiante, vivace, il tono si alza, diventa persino allegro: «Sì, sarò tua moglie, perché lo voglio. Lo voglio, perché ti amo.» si sporge per cercare di gettargli le braccia al collo e baciarlo, rischiando di farlo cadere al suolo con una risata genuina. 

You ain’t here, ain’t nobody else to impress
It’s the way that you know what I thought I knew
It’s the beat that my heart skips when I’m with you
But I still don’t understand
Just how your love can do what no one else can.

venerdì 20 novembre 2015

Safe and Sound


Wilfred era immerso in un sogno confuso, quando il muso di Belle ha sfiorato la mano sinistra e ha aperto gli occhi nella stanza immersa nel buio, mentre le dita sfioravano dolcemente il capo della bestiola. Levato a sedere, ha visto un bagliore intermittente arrivare dalla zona giorno della casa,  accompagnato da un bisbigliare indistinto, perciò si è alzato. È la patina del risveglio ad avvolgere la percezione della realtà, si passa la mano sinistra tra i corti riccioli castani, sulle palpebre e sulla barba che percorre la mascella volitiva ed il disegno morbido delle labbra. Cerca una maglietta a maniche corte, perché s’era addormentato con indosso i pantaloni blu di un semplicissimo pigiama di cotone, calpesta il pavimento a piedi nudi anche se il parquet non è sufficientemente riscaldato, l’aria che penetra dalle finestre socchiuse è umida. Belle lo affianca, sino a quando non è in soggiorno, abbiamo tralasciato la parentesi alla toilette, quando vi esce ha le mani profumate di sapone liquido, ché siamo innanzi a un gentiluomo. Sandrine Hammond è felicemente sistemata a casa di Wilfred, ha con sé Sansa e Gigì, la sua gatta. C’è anche Peter, suo figlio e suo Guardiano, ma non può vederlo. Arresta il passo tra i divani e l’ampio spazio dedicato alla cucina.
Enid è seduta sul divano con la miglior visuale sulla TV, benché abbia tutt'altro per la testa che la risoluzione di un caso di stupro incestuoso, per sua fortuna. Le gambe sono incrociate sulla seduta, il busto sostenuto da tre cuscini a ridosso del bracciolo sinistro, le braccia sono mollemente abbandonate sul grembo, ha lasciato i lunghi capelli castani sciolti ed attraversati da riflessi color mogano, sembrano un tessuto pregiato attorno alla testa, la sua carnagione è diafana, il viso ha lineamenti delicati, distesi in un'espressione quieta, gli occhi verdi si chiudono e si aprono lentamente, la bocca carnosa è socchiusa, il respiro profondo è regolare. Indossa una camicia da notte bianca e una vestaglia leggera altrettanto corta, le gambe sono coperte da un plaid rosso fuoco, ha un paio di calzini bianchi con ricamato il muso di un panda sul dorso dei piedi. C'è Estia, nella cesta con il guanciale azzurro, chr alza appena il capo nel sentir arrivare Wilfred mentre sul puff di vimini è acciambellato Doctor Watson, ridotto a uno sparuto mucchio di ossa, quasi cieco, totalmente afono con la pelliccia bianca, così differente dal fiero Maine Coon parlante che l'Arcangelo Michele donò alla sua salvatrice, Enid. Questa si accorge dei passi, trasale involontariamente, si raddrizza per cercare il telecomando. «Amore, scusami.» mormora, la voce è soave, un suono basso e carezzevole: «Ti ho disturbato?» domanda, soffoca uno sbadiglio con la mano. Il braccio si tende vero di lui, invitandolo a prendere posto accanto a lei.
Wilfred piega le labbra in una smorfia, prima di fare un cenno di diniego, porta la mano sinistra a massaggiarsi il collo, sfiorando i capelli. «No, affatto.» risponde in tono calmo, non ha smaltito la tensione, la fatica, la tristezza, però almeno non ha più le vertigini per la stanchezza fisica. «Credo di essermi svegliato da solo.» replica senza alcuna enfasi, poi sorride con dolcezza. Guarda Belle raggiungere la propria cuccia, Doctor Watson sembra ancora addormentato, pare che il micio l’abbia accettato, forse solamente per l’amore che entrambi nutrono per Enid, indugia un poco e ricorda Clarice, George, i piccoli angeli, il corpo di Amanda sfaldarsi e Awentia divenire un grido carico di odio nella notte. «Lei non ha capito. Io sono riuscito a perdonarla. Non provo rancore nei suoi confronti e lei non ha compreso.» le parole salgono automaticamente alla gola, avanza piano verso la ragazza: «L’odio è riuscito a divorata, come una radice che consuma tutta la terra di un vaso. Non c’era rimasto nulla della donna che era stata, soltanto l’ombra tormentata dal suo stesso odio.» rilascia l’aria in un sospiro, siede non distante dai piedi di lei, li fissa e un lampo divertito rasserena il viso. 
Enid  piega le gambe, ascolta senza interrompere. C'è la quieta notturna, il buio rischiarato da poche lampade, ci sono i loro animali a circondarli, non crede serva molto altro per sentirsi in pace. «Non era un'anima che avresti potuto riscattare.» si limita ad osservare con voce pacata, un mormorio che si perde nell'aria. Enid fa scivolare il braccio attorno al collo di Wilfred. «Non tutti sono in cerca di riscatto.» soggiunge con amarezza, sospinge la testa di lui sulla propria spalla, come a volerlo consolare, le dita affondano nei riccioli castani, ribelli e morbidi. «Billy è finalmente libero con i suoi nonni. Chiunque sia stato vittima di Awentia ha trovato un po' di giustizia. Può bastare. Non è la perfezione, ma nulla è perfetto al mondo.» sfuma la frase in sospiro, piega la testa per guardare il compagno. Sa che Wilfred ha una compassione che va oltre in senso della giustizia, così ha trovato la forza di non avere rancore nei riguardi dello Spirito, ma non può e non deve caricarsi di colpe non sue. «Dovremmo pensare al resto: Beatrix, Nathaniel e la Vampira dal cuore d'oro.» butta lì un argomento di sicuro impatto, sfumandolo con ironia. Si sporge per baciargli il collo, sfiorandolo con  la bocca e con i polpastrelli sino ad arrivare al viso.
Wilfred si lascia tranquillamente coccolare da Enid, seduto sul divano e cerca di abbandonare la testa sulla sua spalla, senza per questo franarle addosso col suo notevole peso, tenta di avvicinare Enid a sé, quando gli bacia ed accarezza il collo e poi, la tempia e lo zigomo. «Awentia è stata nei nostri discorsi, nei nostri silenzi e nei nostri pensieri. Credo che sia tempo di lasciarla andare.» sembra un sussurro, gli occhi si fissano sul riflesso nello schermo appeso al muro. «Per quanto abbia fatto. Lo merita anche lei.» sembra voler chiudere il capitolo, voltare pagina, scoprire cosa lo aspetta, può temere i pericoli ma non ignora l’eccitazione di una nuova avventura. «Beatrix è furibonda, si focalizza unicamente sui bersagli e temo con foga eccessiva.» si confida, non a un’Osservatrice, bensì a una compagna riguardo un’amica. È preoccupato. «Nathaniel è riuscito a deluderla, umiliarla e farla arrabbiare nel modo peggiore possibile. Artù è una Vampira, da come segue il Maestro non mostra alcuna particolare dote e tutto ciò che lui sa fare è auspicare una chiacchierata per mettere pace tra Cacciatrici e Vampiri. Sembra andato di testa.» sbuffa, prova a prendere la mano destra di Enid per posarvi le labbra: «Non sono sicuro di essere coraggioso e speciale. Io non mi sento tale. Faccio quello che mi suggerisce la mente, l’anima, l’esperienza e sbaglio. Se sono un grande uomo, resto sempre sulle spalle di un gigante.» le rivolge un’occhiata. «Tu sei speciale. Temo che un Angelo ti noti e ti scelga per sé.» prende una pausa: «Sarei felice di saperti una Uprooted, però… Noi siamo Umani ed esserlo, mi piace.» termina, soffia via una risata. Può apparire insensato, eppure lui è soddisfatto di essere il mortale Wilfred George Mott.
Enid è dubbiosa sulla positiva influenza che la Vampira possa avere su chiunque, può anche non attaccarla a vista, però non l'ha inserita fra le amicizie di Facebook. «Se venisse uccisa, ora.» parla con distacco, ha visto Raissa eliminare i Novizi come mosche, non ha battuto ciglio, perché non spreca la pietà per coloro che non sanno nutrirla: «Nathaniel non sarebbe più in equilibrio fra Bene e Male: si convincerebbe che la violenza insensata esiste ovunque, cercherebbe la strada più comoda e lo perderemmo come amico, come Stregone.» ragione piuttosto lucidamente: «La prudenza ci aiuterà: daremo ad Artù la possibilità di mostrarsi per quanto vale o di impiccarsi da sola. Nathaniel si intestardirebbe a frequentarla, se avesse continue paternali. Sarebbe più difficile controllare lui e monitorare Artù. Ci serve anche un aggancio per comprendere quanto, il Maestro attuale, abbia potere sui Vampiri o possa essere spodestato da Ashelia in fretta. Usiamo la cautela, al momento giusto, i nodi verranno al pettine.» conclude. Se va male per Artù, diventa un mucchio di cenere in uno schiocco di dita mentre se va bene, hanno un problema in meno ed in ogni caso terranno la situazione sotto una parvenza di controllo. Ride al resto. «No, non penso sia possibile.» risponde, non sembra rammaricata: «Credo fosse un Uprooted, l'essere con cui parlavo, anni fa... Una forma di luce, una voce che udivo con l'anima, un calore che asciugava le lacrime e sono sicura, volesse confortarmi e forse stringere un patto, poi una notte.» deglutisce, perché non l'ha mai raccontato, temendo di essere definita pazza: «Apparve nella mia camera, era reale quanto i mobili e non pensai ad urlare, perché non avevo paura. La sua luce non lasciava spazio all'ombra, c'era qualcosa di simile a un corpo, qualcosa di rassomigliante alle ali però era un individuo spirituale. Disse che mio padre aveva attraversato il fiume Lete, si era sporto per sfiorare l'acqua ed aveva raggiunto il Paradiso. Disse che un giorno, l'avrebbe veduto e gli avrebbe riferito che figlia preziosa aveva, quanto doveva essere orgoglioso di me. Mi spiegò che non ci saremmo più incontrati, almeno per un po' e che avrebbe pregato per me. Gli chiesi cosa fosse, sorrise... Non aveva bocca, ma sorrise ed io seppi cosa avevo sempre saputo. Non mi disse addio, forse lo rivedrò ancora, in questa vita.» prende fiato, soppesa quella storia a lungo taciuta: «Io sono Umana, non vedo che quello che si palesa agli occhi e credimi, Wilfred, sono immensamente felice e soddisfatta di chi sono!» esclama con fierezza. #humanpride.

sabato 3 ottobre 2015

The Hardest of Hearts

It pours from your eyes and spills from your skin.
And the kindest of kisses break the hardest of hearts.

Wilfred libera il vassoio, che una solerte cameriera preleverà di lì a breve. Assapora il profumo del caffè caldo, del dolce al cioccolato. Sorride, non commenta le medicine utilizzate da Enid, porta l’indice al naso per sistemare gli occhiali, sbircia l’orologio al polso. «Se non dovessi star bene, domani, avvisa Nina e rimani a casa. Lo stesso vale per la signora Turner: la figlia rischierebbe di essere contagiata.» non c’è alcuna enfasi drammatica nel tono, solleva la tazza e manda giù  un sorso. «Ti sei anche allenata con Teresa. E non sarà stata una passeggiata rilassante.» introduce con cautela l’argomento, con quanto tatto abbia a disposizione, pensa che forse non è neanche il caso di turbarla, che può attendere abbia ritrovare la salute. «So che niente ti impedirà di fare il tuo dovere. Io ti conosco, sei coraggiosa e sei forte ma non è come Capo del Consiglio che penso a te.» congiunge le mani tra loro, alza il viso per scrutarla attentamente. «Non voglio una confessione. Non desidero senta la necessità di provare qualcosa a me, qualcosa che serva alla nostra relazione, perché non è vero. Puoi parlare o puoi tacere, io amo la tua discrezione e così la tua capacità di comunicare. Non hai da temere, mai. Non per quanto mi riguarda e non dire che il futuro è incerto, perché io non voglio immaginare l’avvenire senza te. Se esiste la possibilità, non voglio considerarla, né tanto meno viverla.» si umetta le labbra, a questo punto, rimane in silenzio. Non è abituato a manifestare i sentimenti con dichiarazioni plateali, accenna ma rimane solitamente asciutto, si direbbe essenziale.
Enid strae la bustina di Earl Grey, ricorda l'allenamento con l'Osservatrice Esperta. Non ricorda di aver messo a segno un solo colpo, in compenso ha passato diverso tempo a fare il tappetto nella sala con tanto di paletto di frassino in mano. «Ha preso qualcosa dai Lycans.» borbotta, sembra arrabbiata e non lo è affatto, ha le vie respiratorie otturate. Apre il flacone per dosare le gocce medicamentose, mescolandole con lo zucchero. Tiene la lingua tra i denti, poi allunga la mano sinistra per cercare di accarezzare le dita intrecciate di Wilfred, lo sguardo è diretto e può darsi sia il solo che possa guardarla negli occhi, senza che lei indugi. «Se dovesse esistere un'altra dimensione, dove non ci incontriamo, dove io non posso amarti, allora so che esiste una dimensione che sarebbe totalmente arida e grigia per me.» dice con amorevole trasporto, lascia che quelle parole rimangano nell'aria. Tossisce, si soffia il naso in maniera meno rumorosa possibile. «Le ragazze mi hanno trascinata vicino al camino, avevo la bocca tappata da un pezzo di stoffa bloccato col nastro adesivo.» racconta, praticamente atona, le dita cominciano a tremare ed è un terrore che sorge dal passato, oscuro e potente, Enid non sa dominarlo, solo rimanere in attesa che si plachi, che allenti la presa nella sua anima. «Hanno preso un tizzone e l'hanno messo sulla mia schiena. Le fiamme hanno iniziato a propagarsi, perché il pezzo di legno era minuscolo, quando hanno visto che bruciavo, hanno rovesciato un secchiello del ghiaccio, io sono svenuta.» stringe fra i denti la lingua, di nuovo. «Mi sono ripresa al Pronto Soccorso. Rimasi in silenzio a tutte le domande. Rimasi zitta per anni, Wilfred.» c'è un disagio strisciante nella confidenza, come se fosse una sua mancanza, come se la vittima dovesse provare vergogna, dovesse tacere la violenza per mantenere la dignità. Chiude gli occhi. «Da quella notte, sono arrivata a questa.» sussurra, una preghiera esaudita.

Darling heart, I loved you from the start
But you’ll never know what a fool I’ve been.

Wilfred cerca di muovere le mani per avvolgere la mani di Enid con le proprie, deglutisce e la rabbia non è certo verso la compagna, sospira per incanalare la tensione nervosa. Hanno torturato la persona che ama di più al mondo, l’hanno umiliata, l’hanno costretta a vergognarsi del proprio corpo e non può perdonarlo, non può tollerarlo. Non c’è alcun rimprovero da sollevare, né domanda da porre. «Sei arrivata sino a questa notte.» prende spunto dal sussurro per spezzare il silenzio, il tono è affettuoso: «Non sei la stessa ragazza che ho incontrato al pub: sei più matura, sei meno ingenua ed ugualmente dolce. Hai terminato gli studi, sai cose che io ignoro, hai reso la tua creatività ancora più brillante, più ricca di invenzioni e di dettagli. Hai sofferto, hai pianto e hai perduto tuo padre, questo ti porta a guardare diversamente la vita.» fa un respiro profondo, serra le labbra fra loro: «Sei cambiata, non lo posso negare. Sei cresciuta.» distende la bocca in un sorriso: «Eri e sei rimasta di una bellezza rara, perché si fonde con la tua stessa anima. Non è una bellezza sterile, una banale armonia di forme. Sei splendida, sei una ragazza meravigliosa. Potresti avere chiunque, sei come una sorgente d’acqua o una luce che brilla. Sarei sempre così terribilmente bella, capace di stroncare qualsiasi mia reticenza o dubbio. Mi abbaglierai ancora e ancora con un sorriso. Farai battere il mio cuore, al suono della tua voce.» si china per baciarle la mano. «Quello che hai subito è terribile. Quello ti hanno fatto è crudele.» fa una pausa: «Non posso comprendere, ma spero di poterti confortare e aiutare. Vorrei dire mille cose, ma… Lo sai, sono furioso con quella banda di puttanelle, con quello stronzo del tuo ex e… Ho soltanto parole per te. Parole che non cambiano il passato.» ammette con uguale sincerità a quella mostrata da Enid.
Enid porta la tazza alle labbra, ma i denti sono chiusi attorno alla lingua, deve forzarsi per non mordere sino a sentire il sangue, per aprire la mandibola e lasciare che il tea caldo dono un precario sollievo. È travolta dalle emozioni vissute, commossa dalla reazione di Wilfred, finge che debba tirare su col naso ma è semplicemente prossima alle lacrime, sebbene sia raro che scoppi in lacrime. «Ti amo.» nient'altro pare necessario. «Voglio superare le mie paure, mi sono accorta di come lavorino dentro di me. Non lascerò che siano un peso.» prosegue a dire, si focalizza sul lato pratico. Si è sciolta come un fiocco di neve dentro un forno, però auspica di mantenere una contegno dignitoso, necessario a non lanciarsi in effusioni eccessive in luogo pubblico. «Quando sei entrato nel pub, non riuscivo a levarti gli occhi di dosso. Ero una ragazzina, lo so bene e volli credere di avere solo una cotta, un'infatuazione, qualcosa che sarebbe svanito nel tempo.» fallisce l'impresa, non riesce a calarsi nei panni di Elsa, quindi bisognerà accordare un violino. «Continuavo a non trovare qualcuno che avesse il tuo sorriso, i tuoi occhi, il tuo senso dell'umorismo, la tua intelligenza. Potevo incontrare dei ragazzi carini, ma non erano alla tua altezza, dentro di me continuavo a sperare, mi dicevo che ero un'amica e sapevo di essere innamorata, sapevo di volere il tuo amore. Presi le distanze anche per cercare di lasciare tutto alle spalle.» sospira. «Ma è stato impossibile: il passato è parte di noi. Non potrò mai scordare la mia notte alla Confraternita, tenterò di accettare che sia accaduto a me, che sia stato brutale, ingiusto e che sia ormai finito. Ho smesso di scappare.» si sporge leggermente: «So che sei al mio fianco, ora. È la cosa più bella sia mai successa e sorpassa la sofferenza che possano causarmi i ricordi.» sorride a Wilfred, tenendo la mano fra le sue. Usa l'altra per bere altro tea. «Così, adesso, sei anche un mago in erba?» cambia discorso. Non ha bisogno di serate cupe, funestate da tristi racconti. Vuole godere della pace momentanea, né aggiungere altro carico al fardello di Wilfred o aggravare il proprio mal di testa.

Darling heart, I loved you from the start
But you’ll never know what a fool I’ve been.


Hardest of Hearts

martedì 22 settembre 2015

Daylight

Questa mattina, mi sono svegliata con il profumo di muffin al cioccolato. Sono andata in cucina, Wilfred si stava ancora asciugando, mentre Doctor Watson mangiava dalla sua ciotola, ignorandolo.
Il tavolo era apparecchiato: c'era la teiera piena di acqua bollente e una selezione di bustine da tea, accanto, su un piatto da portato erano sistemati tre muffin di panetteria. C'era una pianticella di arbuto, in un piccolo vaso di terracotta, una camelia rossa e un garofano bianco in un bicchiere al centro del tavolo.

Fuori pioveva, l'aria gelida sferzava i rami degli alberi e nella cucina, una luce dorata, calda e vivida era sorta come l'aura di Primavera.